“Sono molto commosso. E mi chiedo ancora se merito questo premio: ci sono autori più profondi di me, anche se può succedere che, quando fatto bene, un film di commedia possa raccontare un dramma meglio di un film drammatico. Resta il fatto che assegnarmi questo riconoscimento – e lo posso dire anche a nome dei colleghi che come me fanno commedie – sia un gesto d’avanguardia”. Così, un Carlo Verdone visibilmente emozionato, ha ricevuto il Premio Bresson, tradizionale riconoscimento che la Fondazione Ente dello Spettacolo e La Rivista del Cinematografo assegnano al regista che abbia dato una testimonianza significativa del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale dell’esistenza.
Secondo italiano a riceverlo (dopo Giuseppe Tornatore) in quindici anni, Carlo Verdone è il primo regista di commedia a cui viene assegnato il premio: “Mio padre sarebbe stato davvero contento, perché penserebbe che il figlio ce l’ha fatta – dice ancora Verdone, che dedica il premio proprio alla memoria del papà Mario, storico e critico cinematografico -. Questo è un riconoscimento enorme, che dedico con tutto il mio cuore a lui, uomo che ci ha spinto a studiare, a conoscere il bello”. E proprio ripensando al padre, Verdone svela un simpatico retroscena di qualche mese fa: “Stiamo ancora mettendo a posto tutta la sua enorme biblioteca della casa di campagna, qualcosa come 18000 volumi… Qualche settimana fa, insieme a mio figlio e a mio fratello Luca, ci troviamo di fronte alla bacheca del cinema francese. Dopo un po’ arriviamo ai volumi su Bresson, talmente tanti che mi lascio andare ad una sciagurata frase: ‘Luca, buttiamoli ‘sti Bresson, so’ talmente tanti’. E lui, ‘No, no, no! Li ha scritti papà!’. Ecco, dopo un paio di giorni mi chiamano per dirmi che ho vinto il premio…”.
Presente alla Mostra di Venezia anche in qualità di giurato (“una giuria molto eterogenea, ognuno ha le sue idee, ma in linea di massima andiamo d’accordo. Per ora c’è armonia, speriamo di mantenerla fino alla fine”), Carlo Verdone riceve il riconoscimento dalle mani del Vescovo di Parma, monsignor Enrico Solmi, che in qualche modo “rilegge” il regista attraverso La casa sopra i portici, libro (edito da Bompiani) scritto da Verdone per riportare a galla i ricordi d’infanzia, partendo proprio dalla casa di famiglia a Lungotevere dei Vallati, qualche anno fa restituita al Vicariato della Santa Sede: “Una casa vuota, da consegnare, che rappresenta e prospetta il vivere vitale di una famiglia, il tutto giocato da due movimenti essenziali, dati dalla porta di casa. Che si chiude, per riportarci a quei giorni, e che si apre, per consentire a tutti di prendere la propria strada”, dice Solmi, che in merito al cinema di Verdone aggiunge: “Ci ha sempre messo di fronte a personaggi che non esistono, ma vivono. E per questo si imprimono in chi li guarda, che ricava così sollievo e piacevole riflessione”.
“Una poetica graffiante e insieme garbata, curiosa e senza pregiudizi, disincantata senza però mai cedere il passo al cinismo”, dice in riferimento alla filmografia di Verdone il Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo, don Ivan Maffeis, che aggiunge: “Ci ha fatto capire che un benessere fine a se stesso è inutile. L’ha fatto provocandoci con il sorriso, con comicità e malinconia, con dramma e ironia. Lucido interprete della grande commedia, Verdone ha saputo ricollocare la tradizione italiana delle maschere e della comicità popolare sul difficile campo d’indagine della società e della cultura”. Cultura che, secondo il Presidente della Biennale, Paolo Baratta, “per ripartire avrebbe bisogno di una ridefinizione in termini, visto che si tratta di un vocabolo dietro il quale molto spesso possono nascondersi degli equivoci. Sono qui tutti gli anni, in occasione del Premio Bresson, perché mi piacciono le cose che durano e applaudo la scelta di premiare Carlo Verdone, interprete del mondo dello spettacolo e del proprio paese, di un modo di essere del proprio paese, di quello che il paese avverte in determinati momenti”.
“Un uomo – aggiunge il direttore della Mostra, Alberto Barbera – che pur godendo di un enorme popolarità non ha mai ceduto agli effetti negativi della fama, rimanendo sempre affabile e disponibile. Un artista, poi, che ha portato avanti uno straordinario percorso da attore a autore, non solo rinnovando la tradizione della commedia di costume, ma creando un percorso che lo porta ad essere sempre uguale a se stesso, ma diverso da film a film, come solamente i grandi riescono a essere. Credo sia poi una bellissima coincidenza che quest’anno Verdone riceva questo riconoscimento e sia allo stesso tempo in giuria, visto che già due anni fa gli avevamo proposto di farne parte ma era impossibilitato a venire perché sul set di Sorrentino”. E per quanto riguarda i prossimi set, Verdone (che oltre al papà Mario, dedica il Premio a Sergio Leone – “un uomo che mi ha capito, senza di lui non sarei qui” -, al regista Franco Rossetti – “è stato il primo a prendermi come assistente alla regia, dopo il Centro Sperimentale avevo avuto tante porte in faccia…” -, a Felice Colaiacomo di Medusa – “che tirò fuori i soldi per Un sacco bello”) non si sbilancia: “Ho già un’idea sul mio nuovo film, vorrei fare un’opera corale su un argomento che nessuno ha ancora trattato. Ma prima di tutto aspetto di sapere se il mio produttore è convinto”.